C'era una volta un vecchio mugnaio con tre figli, un asino, un gatto soriano e nemmeno un becco d'un quattrino.
Vecchiaia e fatiche avevano logorato il corpo e la mente del mugnaio, tanto è vero che, giunto alla fine dei suoi giorni, divise i suoi averi tra i figlioli: - Al primo Arduino, lascio il mulino; al secondo, Alvaro, il somaro; e per te, Germano, non ho che il gatto.
Arduino ed Alvaro erano felici: - Io con il mio mulino e tu con il tuo somaro faremo società con servizio di consegna del macinato al domicilio dei clienti. Ci arricchiremo in pochi anni! -
Rimasto solo, Germano, diede un'occhiata al gatto e si grattò la testa: - Io - gli disse - lo so che sei un buon gatto e ti voglio bene. Ma se davvero sei furbo come dicono, taglia subito la corda e lasciami solo con la mia miseria. Con quel che so fare io posso garantirti soltanto tre cose: freddo d'inverno, caldo d'estate e fame tutto l'anno. -
Il gatto che fino a quel momento non aveva mai detto una parola a nessuno, gli strizzò l'occhio e cominciò a parlare: - Tu caro mio, devi solo fare due cose, procurarmi un paio di stivali ed affidarti al mio ingegno; altro che fame! Fra tre mesi saremo a Corte! -
Il giovanotto, tutt'altro che convinto, fece spallucce e gli diede una lisciatina sulla groppa: - E bravo gatto! - esclamò - Allora sai anche parlare!
- Il bisogno aguzza l'ingegno e scioglie la lingua anche ai gatti - rispose la bestiola.
Faceva abbastanza caldo e Germano, senza ribattere parola, portò il suo mantello di panno al monte di pietà e col ricavato comprò gli stivali al gatto e si sdraiò all'ombra, con le dita intrecciate dietro la nuca ad aspettare gli eventi.
Il gatto, grande cacciatore, si mise subito al lavoro e meno di un'ora dopo stringeva tra le grinfie un bel leprone.
Senza perdere tempo, con il suo leprone in sacco, andò alla Reggia e si presentò al Re.
Si prosternò ai piedi del trono e tirò fuori la lepre gridando: - Ecco Maestà: mi invia il mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, con questo piccolo omaggio destinato al reale salmì...-
Al Re che era un buongustaio, non parve vero accettare il dono; ma chi era quel simpatico Marchese, mai sentito nominare? Boh! Anche sua figlia, la principessa Isabella era rimasta bene impressionata dalle parole del gatto.
Il quale intanto, era già fuori a procurare un po' di cena per sé e per il padrone.
E la mattina dopo, all'ora giusta, eccolo di nuovo a Corte, stavolta con quattro favolosi fagiani dorati: - Ti porto, o Sire, un modesto omaggio del mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, per i reali arrosti.
E il Re, a sfogliare il libro della Nobiltà nella vana ricerca di quello sconosciuto Marchese.
E la bella Isabella, a sognare a occhi aperti un possibile matrimonio con un così generoso e sollecit...
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