~ Il mondo delle favole ~



  1. Le fate

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    By principisi~ il 11 Sep. 2012
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    C'era una volta una vedova che aveva due figliuole. La maggiore somigliava tutta alla mamma, di lineamenti e di carattere, e chi vedeva lei, vedeva sua madre, tale e quale. Tutte e due erano tanto antipatiche e così gonfie di superbia, che nessuno le voleva avvicinare. Viverci insieme poi, era impossibile addirittura. La più giovane invece, per la dolcezza dei modi e per la bontà del cuore, era tutta il ritratto del suo babbo... e tanto bella poi, tanto bella, che non si sarebbe trovata l'eguale. E naturalmente, poiché ogni simile ama il suo simile, quella madre andava pazza per la figliuola maggiore; e sentiva per quell'altra un'avversione, una ripugnanza spaventevole. La faceva mangiare in cucina, e tutte le fatiche e i servizi di casa toccavano a lei. Fra le altre cose, bisognava che quella povera ragazza andasse due volte al giorno ad attingere acqua a una fontana distante più d'un miglio e mezzo, e ne riportasse una brocca piena.

    Un giorno, mentre stava appunto lì alla fonte, le apparve accanto una povera vecchia che la pregò in carità di darle da bere. "Ma volentieri, nonnina mia..." rispose la bella fanciulla "aspettate; vi sciacquo la brocca..." E subito dette alla mezzina una bella risciacquata, la riempì di acqua fresca, e gliela presentò sostenendola in alto con le sue proprie mani, affinché la vecchiarella bevesse con tutto il suo comodo. Quand'ebbe bevuto, disse la nonnina: "Tu sei tanto bella, quanto buona e quanto per benino, figliuola mia, che non posso fare a meno di lasciarti un dono". Quella era una Fata, che aveva preso la forma di una povera vecchia di campagna per vedere fin dove arrivava la bontà della giovinetta. E continuò: "Ti do per dono che ad ogni parola che pronunzierai ti esca di bocca o un fiore o una pietra preziosa".

    La ragazza arrivò a casa con la brocca piena, qualche minuto più tardi; la mamma le fece un baccano del diavolo per quel piccolo ritardo. "Mamma, abbi pazienza, ti domando scusa...", disse la figliuola tutta umile, e intanto che parlava le uscirono di bocca due rose, due perle e due brillanti grossi. "Ma che roba è questa!...", esclamò la madre stupefatta, "sbaglio o tu sputi perle e brillanti!... O come mai, figlia mia?..." Era la prima volta in tutta la sua vita che la chiamava così, e in tono affettuoso. La fanciulla raccontò ingenuamente quel che le era accaduto alla fontana; e durante il racconto, figuratevi i rubini e i topazi che le caddero già dalla bocca!
    "Oh, che fortuna...", disse la madre, "bisogna che ci mandi subito anche quest'altra. Senti, Cecchina, guarda che cosa esce dalla bocca della tua sorella quando parla. Ti piacerebbe avere anche per te lo stesso dono?... Basta che tu vada alla fonte; e se una vecchia ti chiede da bere, daglielo con ...

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    Last Post by principisi~ il 11 Sep. 2012
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  2. I desideri inutili

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    By principisi~ il 11 Sep. 2012
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    C'era una volta un povero boscaiolo che, stanco della sua faticosa vita, aveva una gran voglia, a quanto diceva, di andarsi a riposare nell'altro mondo. Infatti, dal giorno che era nato, la Provvidenza non aveva mai soddisfatto uno dolo dei suoi desideri. Un giorno che si lamentava così nel bosco, ecco apparirgli, con tanto di fulmini in mano, Giove in persona. Figuratevi la paura che ebbe il pover’uomo. "Non desidero nulla" disse lui gettandosi con il naso a terra. "Niente desideri da parte mia, niente fulmini da parte vostra; signor mio, facciamo come se nulla fosse stato. "Non aver paura" gli rispose Giove, "i tuoi lamenti mi hanno commosso ed io vengo a dimostrarti che mi fai torto. Stammi bene a sentire: io, che sono il padrone del mondo intero, ti prometto di esaudire i primi tre desideri che tu formulerai su qualsiasi soggetto. Cerca quello che ti può rendere felice, cerca quello che ti può dar soddisfazione e, poiché la tua fortuna dipende dalle tue richieste, pensaci bene prima di pronunciarle."

    Così detto Giove se ne risalì in cielo, e il boscaiolo, tutto allegro, abbracciò in mancanza di meglio le sue fascine, se le mise in spalla per tornare a casa, e mai quel peso gli era parso tanto leggero. "In questa faccenda" diceva fra se trottando sulla via del ritorno, "non bisogna agire alla leggera. Si tratta di un caso interessante e sarà bene che mi consigli con mia moglie." Perciò appena entrato nella sua capanna di giunchi, incominciò a gridare: "Vieni qua, Beppina, facciamo un bel fuoco e stiamo allegri, ormai siamo ricchi, ci resta solo da esprimere un desiderio! E le raccontò tutto. A sentire il fatto, sua moglie si sentì brulicare in testa un mucchio di desideri, ma capì che l’affare era serio e che bisognava andar cauti. "Amico Biagio" disse a suo marito, - non sciupiamo l’occasione con la nostra impazienza e riflettiamo bene a qual partito ci dobbiamo rivolgere in simile occorrenza. Qui devi essere serio, prudente e circospetto: rimettiamo a domani il primo desiderio e intanto andiamo a letto." "Giusto" convenne quel brav’ uomo di Biagio. "Ma vammi a prendere un pò di vino dietro quelle fascine."

    Quando lei fu tornata col vino, Biagio bevve e schioccò la lingua contento allungandosi sulla sedia presso il fuoco. Poi, preso dal piacere del riposo, disse: "Con un così bel fuoco, come verrebbe a proposito una bella focaccia!" Non aveva ancor finito di parlare che sua moglie, piena di stupore, vide un’enorme focaccia spuntare dall’angolo del camino e avvicinarsi a lei. Diede subito un grido di meraviglia, ma non tardò a capire che quel portento era stato causato dal desiderio espresso da suo marito per pura stupidaggine, e allora incominciò a rovesciar vituperi sullo sciagurato sposo. "Come...

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  3. Griselda

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    By principisi~ il 11 Sep. 2012
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    Griselda


    Ai piè delle montagne famose dove il Pò scaturisce dalle sue sorgenti ricche di giuncheti, riversando poi nel seno delle campagne vicine le sue acque, viveva un principe giovane e valoroso, amato da tutti. Il Cielo aveva profuso su di lui ogni più rara virtù,tutti quei doni che di solito concede solo a chi gli è caro o ai grandi re. Così dotato nel corpo e nello spirito, egli crebbe robusto, accorto, agile nel maneggiare le armi e appassionato per le arti belle.

    Amò i combattenti e la vittoria,
    le grandi imprese, gli atti valorosi,
    insomma, tutto quel che nella storia
    rende famosi;
    ma il suo nobile cuor, ricco di affetti,
    mirò ancor più alla gloria
    di rendere felici i suoi soggetti.

    Per un così bel carattere era adombrato da una cupa malinconia che spingeva quel buon principe a vedere in ogni donna la falsità e l'inganno. Per quando una fanciulla fosse adorna dei più alti meriti, gli appariva immancabilmente ipocrita, piena di orgoglio e di ambizione, un vero nemico avido soltanto di dominare senza ritegno il disgraziato uomo che si fosse invaghito di lei. Il vedere intorno a se tanti sposi infelici e sottomessi alle loro mogli, aveva rafforzato in lui l'avversione per le donne; ed egli si ripromise con gran giuramenti di non prender moglie quando anche il Cielo, che lo prediligeva tanto, avesse creato apposta per lui un' altra Lucrezia romana. Ogni giorno, dopo aver dedicato il mattino agli affari e aver saggiamente diretto tutto quello che era necessario alla felicità dello Stato, dopo avere difeso i diritti dell'orfano e della vedova o abolito qualche imposta non strettamente necessaria, destinava alla caccia il resto del suo tempo,

    perché gli orsi, i cinghiali e le altre fiere,
    anche pieni di furia e d'ira pazza,
    gli davano assai meno da temere
    di una bella ragazza.

    Frattanto i suoi sudditi, desiderosi che egli avesse un successore capace di governarli un giorno con eguale dolcezza, lo pregavano continuamente di prender moglie e un bel giorno si recarono tutti in processione al palazzo per fare l'ultimo sforzo. Un oratore di grande loquela e austera apparenza, il migliore che ci fosse allora nel regno, disse tutto quello che si poteva dire in una simile occasione, insisté sul viso desiderio della popolazione di vedere sorgere dal principe una stirpe felice che rendesse florido lo Stato, e, per finire, aggiunse che vedeva nascere da quelle nozze un astro così fulgido da far impallidire ogni altro. Con maggior semplicità e con voce assai meno tonante, il principe rispose: "Lo zelo ardente con il quale oggi cercate di indurmi al matrimonio mi è grato e testimonia il vostro amore per me; ne sono commosso e vorrei farvi contenti domani stesso. Ma a parer mio il prender moglie è una faccenda in cui la prudenza non è mai troppa. Le fanciulle, finché rimangono ne...

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  4. Il gatto con gli stivali
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    By principisi~ il 31 Jan. 2012
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    C'era una volta un vecchio mugnaio con tre figli, un asino, un gatto soriano e nemmeno un becco d'un quattrino.
    Vecchiaia e fatiche avevano logorato il corpo e la mente del mugnaio, tanto è vero che, giunto alla fine dei suoi giorni, divise i suoi averi tra i figlioli: - Al primo Arduino, lascio il mulino; al secondo, Alvaro, il somaro; e per te, Germano, non ho che il gatto.
    Arduino ed Alvaro erano felici: - Io con il mio mulino e tu con il tuo somaro faremo società con servizio di consegna del macinato al domicilio dei clienti. Ci arricchiremo in pochi anni! -
    Rimasto solo, Germano, diede un'occhiata al gatto e si grattò la testa: - Io - gli disse - lo so che sei un buon gatto e ti voglio bene. Ma se davvero sei furbo come dicono, taglia subito la corda e lasciami solo con la mia miseria. Con quel che so fare io posso garantirti soltanto tre cose: freddo d'inverno, caldo d'estate e fame tutto l'anno. -
    Il gatto che fino a quel momento non aveva mai detto una parola a nessuno, gli strizzò l'occhio e cominciò a parlare: - Tu caro mio, devi solo fare due cose, procurarmi un paio di stivali ed affidarti al mio ingegno; altro che fame! Fra tre mesi saremo a Corte! -
    Il giovanotto, tutt'altro che convinto, fece spallucce e gli diede una lisciatina sulla groppa: - E bravo gatto! - esclamò - Allora sai anche parlare!
    - Il bisogno aguzza l'ingegno e scioglie la lingua anche ai gatti - rispose la bestiola.
    Faceva abbastanza caldo e Germano, senza ribattere parola, portò il suo mantello di panno al monte di pietà e col ricavato comprò gli stivali al gatto e si sdraiò all'ombra, con le dita intrecciate dietro la nuca ad aspettare gli eventi.
    Il gatto, grande cacciatore, si mise subito al lavoro e meno di un'ora dopo stringeva tra le grinfie un bel leprone.
    Senza perdere tempo, con il suo leprone in sacco, andò alla Reggia e si presentò al Re.
    Si prosternò ai piedi del trono e tirò fuori la lepre gridando: - Ecco Maestà: mi invia il mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, con questo piccolo omaggio destinato al reale salmì...-
    Al Re che era un buongustaio, non parve vero accettare il dono; ma chi era quel simpatico Marchese, mai sentito nominare? Boh! Anche sua figlia, la principessa Isabella era rimasta bene impressionata dalle parole del gatto.
    Il quale intanto, era già fuori a procurare un po' di cena per sé e per il padrone.
    E la mattina dopo, all'ora giusta, eccolo di nuovo a Corte, stavolta con quattro favolosi fagiani dorati: - Ti porto, o Sire, un modesto omaggio del mio signore e padrone, il Marchese di Carabas, per i reali arrosti.
    E il Re, a sfogliare il libro della Nobiltà nella vana ricerca di quello sconosciuto Marchese.
    E la bella Isabella, a sognare a occhi aperti un possibile matrimonio con un così generoso e sollecit...

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  5. Barbablù
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    By principisi~ il 31 Jan. 2012
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    ** LEGGI LA FIABA QUI **



    Edited by principisi~ - 12/12/2017, 12:34
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  6. Pelle d'asino
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    By principisi~ il 28 Jan. 2012
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    C'era una volta un re così grande, così amato dai suoi popoli, così rispettato dai vicini e dagli alleati, che si potea dire il più avventurato dei sovrani. La sua fortuna era anche confermata dalla scelta fatta d'una principessa non meno bella che virtuosa, con la quale viveva nel massimo accordo. Dalla loro unione una figlia era nata, così colma di grazia che non faceva lor lamentare di non avere una più larga figliolanza.
    Il lusso, il gusto, l'abbondanza regnavano a palazzo; i ministri erano bravi e giudiziosi; i cortigiani virtuosi e affezionati; fedeli e laboriosi i servi; vaste le scuderie, con cavalli magnifici coperti di ricche gualdrappe; se non che gli stranieri che venivano ad ammirare quelle scuderie stupivano in vedere nel posto più appariscente un asino con tanto d'orecchi. Non già per capriccio aveva il re collocato la bestia a quel modo. Le virtù di quel rarissimo asino meritavano la distinzione, poichè così straordinariamente la natura lo aveva dotato, che il suo strame, non che apparir sudicio, era tutte le mattine largamente coperto di scudi e monete d'oro d'ogni sorta, che si andava a raccogliere al suo primo svegliarsi.
    Ora, poichè le vicende della vita non risparmiano mai i re e poichè ai beni si mescola sempre qualche male, volle il cielo che la regina fosse colta da un subitaneo malore, contro il quale la scienza medica nulla potette. La desolazione fu generale. Il re, sensibile e affezionato, tuttochè si dica che il matrimonio è la tomba dell'amore, si affliggeva smisuratamente, portava voti a tutte le chiese del regno, offriva la propria vita in cambio di quella della sposa adorata; ma i numi e le fate furono sordi. Sentitasi prossima a morire, disse la regina al marito piangente: "Permettetemi, prima di morire, che io vi domandi una grazia: se mai vi venisse voglia di riammogliarvi..." A. queste parole, il re mandò un grido da spaccare il cuore, afferrò le mani della moglie, le bagnò di lagrime, giurò che era inutile di parlare di seconde nozze. "No, no, disse, cara regina, parlatemi piuttosto di seguirvi. — Lo Stato, riprese la regina con fermezza, esige un erede e poichè soltanto una figlia io vi ho data, è naturale che vi si faccia pressione perchè abbiate dei figli a voi somiglianti; ma io vi chiedo ardentemente, per tutto l'amore che mi portaste, di non cedere alle insistenze del vostro popolo, se non quando avrete trovato una principessa più bella di me. Voglio che me lo giuriate, e così morrò contenta."
    Si sospetta che la regina, la quale non mancava di amor proprio, avesse preteso quel giuramento, nella sicurezza che nessuna donna al mondo potesse rivaleggiar con lei. Finalmente morì. Lo strepito che fece il marito non si può dire: pianti, singhiozzi giorno e notte, furono la sua unica occupazione.
    Ma i grandi dolori non durano. E poi anche i grandi dello S...

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    Last Post by principisi~ il 28 Jan. 2012
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  7. La bella addormentata nel bosco
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    By principisi~ il 18 Jan. 2012
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    C'era una volta un Re e una Regina che erano disperati di non aver figliuoli, ma tanto disperati, da non potersi dir quanto.
    Andavano tutti gli anni ai bagni, ora qui ora là: voti, pellegrinaggi; vollero provarle tutte: ma nulla giovava.
    Alla fine la Regina rimase incinta, e partorì una bambina.
    Fu fatto un battesimo di gala; si diedero per comari alla Principessina tutte le fate che si poterono trovare nel paese (ce n'erano sette) perché ciascuna di esse le facesse un regalo; e così toccarono alla Principessa tutte le perfezioni immaginabili di questo mondo.
    Dopo la cerimonia del battesimo, il corteggio tornò al palazzo reale, dove si dava una gran festa in onore delle fate.
    Davanti a ciascuna di esse fu messa una magnifica posata, in un astuccio d'oro massiccio, dove c'era dentro un cucchiaio, una forchetta e un coltello d'oro finissimo, tutti guarniti di diamanti e di rubini.
    Ma in quel mentre stavano per prendere il loro posto a tavola, si vide entrare una vecchia fata, la quale non era stata invitata con le altre, perché da cinquant'anni non usciva più dalla sua torre e tutti la credevano morta e incantata.
    Il Re le fece dare una posata, ma non ci fu modo di farle dare, come alle altre, una posata d'oro massiccio, perché di queste ne erano state ordinate solamente sette, per le sette fate.
    La vecchia prese la cosa per uno sgarbo, e brontolò fra i denti alcune parole di minaccia.
    Una delle giovani fate, che era accanto a lei, la sentì, e per paura che volesse fare qualche brutto regalo alla Principessina, appena alzati da tavola, andò a nascondersi dietro una portiera, per potere in questo modo esser l'ultima a parlare, e rimediare, in quanto fosse stato possibile, al male che la vecchia avesse fatto.
    Intanto le fate cominciarono a distribuire alla Principessa i loro doni. La più giovane di tutte le diede in regalo che ella sarebbe stata la più bella donna del mondo: un'altra, che ella avrebbe avuto moltissimo spirito: la terza, che avrebbe messo una grazia incantevole in tutte le cose che avesse fatto: la quinta che avrebbe cantato come un usignolo: e la sesta, che avrebbe suonato tutti gli strumenti con una perfezione da strasecolare.
    Essendo venuto il momento della vecchia fata, essa disse tentennando il capo più per la bizza che per ragion degli anni, che la Principessa si sarebbe bucata la mano con un fuso e che ne sarebbe morta! Questo orribile regalo fece venire i brividi a tutte le persone della corte, e non ci fu uno solo che non piangesse.
    A questo punto, la giovane fata uscì di dietro la portiera e disse forte queste parole:
    "Rassicuratevi, o Re e Regina; la vostra figlia non morirà: è vero che io non ho abbastanza potere per disfare tutto l'incantesimo che ha fatto la mia sorella maggiore: la Principessa si bucherà la mano con un fuso, ma invece di morire, s...

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    Last Post by principisi~ il 18 Jan. 2012
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  8. Cappuccetto Rosso
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    By principisi~ il 14 Jan. 2012
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    C'era una volta...
    una bambina tanto carina e dolce, che era amata da tutti.
    Ella amava molto la sua mammina e la vecchia nonna che abitava nel bosco vicino.
    L'anziana donna si dedicava ai lavori di cucito per sbarcare il lunario. Con un bel taglio di stoffa rossa, aveva confezionato una mantellina, con cappuccio, per l'adorata nipotina.
    - Mettiti questa mantella. - Disse la nonna alla bimba. - Ti riparerà dalla pioggia e dall'umidità del bosco, così verrai a trovarmi più volentieri.
    La bambina, felicissima per il regalo, ringraziò la nonna e da quel giorno andò a trovarla tutti i giorni, con la mantellina rossa indosso.
    Fu così, che la gente cominciò a chiamarla << Cappuccetto Rosso>> e quel nomignolo le rimase.
    La mamma della piccina preparava una bella torta tutti i giorni e mandava Cappuccetto Rosso dalla nonna con un cestino colmo di provviste.
    Così, un giorno, come di consueto la donna disse:
    - Prendi il cestino, cara. Ho preparato un pranzetto davvero speciale per la nonna. Portalo con questa torta di mele. Stai attenta e non ti fermare con nessuno, sembra che nel bosco sia stato avvistato un pericoloso lupo.
    Cappuccetto Rosso annuì e andò.

    Durante la strada canticchiava a mezza voce perché era particolarmente felice; la primavera stava annunciandosi e il bosco era pieno di fiori e di leggiadre farfalle. Dimentica delle raccomandazioni della madre, la piccola si fermò a giocare con le farfalle e gli animaletti del bosco. Fece a gara con dei passerotti nel cantare melodie dolcissime.
    La voce della bimba risuonava cristallina per tutto il bosco. Nell'udirla, molti animali uscirono dalle loro tane; era arrivata la primavera! mentre si addentrava nel bosco, Cappuccetto Rosso incominciò ad avere un po' di timore.
    Cappuccetto rosso, illustrato da Arthur Rackham La voce della mamma le risuonava nella mente e capiva di aver fatto tardi, le ombre della sera si allungavano già sugli alberi.

    Improvvisamente, un lupo le si parò davanti.
    - Salve, Cappuccetto Rosso! - La salutò amabilmente la fiera.
    - Buon giorno, signor lupo.
    - Dove vai così di corsa?
    - Vado dalla mia nonnina.
    - E cosa c'è in quel grazioso cestino?
    - Ci sono i cibi che la mia mamma ha cucinato per la nonna.
    - E dimmi, viva da sola la tua nonna?
    - Si. - Rispose Cappuccetto Rosso. - La mamma le ha chiesto molte volte di venire a vivere con noi nel villaggio ma lei preferisco restare nella sua vecchia casa, dove è sempre vissuta.
    Mentre Cappuccetto rosso le parlava, il lupo pensava:
    << Questa bambina deve essere molto tenera. Me la mangerei subito. E' meglio che aspetti il momento più propizio. Non vorrei che ci fosse qualche taglialegna nei dintorni. Oltretutto potrei mangiarmi anche sua nonna e il cestino delle provviste. Mi farò di...

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  9. Cenerentola
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    By principisi~ il 12 Jan. 2012
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    C'era una volta, in un paese lontano, un gentiluomo vedovo che viveva in una bella casa con la sua unica figlia. Egli donava alla sua adorata bambina qualsiasi cosa ella desiderasse: bei vestiti, un cucciolo, un cavallo..... Tuttavia capiva che la piccola aveva bisogno delle cure di una madre. così si risposò, scegliendo una donna che aveva due figlie giovani, le quali, egli sperava, sarebbero diventate compagne di giochi della sua bambina. Sfortunatamente, il buon uomo morì poco tempo dopo, ed allora la matrigna mostrò la sua vera natura. Era dura e fredda, e profondamente invidiosa della dolcezza e bontà della sua figliastra, perché queste qualità facevano per contrasto apparire le sue due figlie, Anastasia e Genoveffa, ancor più meschine e brutte. Le sorellastre andavano riccamente vestite, mentre la povera ragazza era costretta ad indossare un vestito semplice e grossolano, ed un grembiule, e a compiere in casa tutti i lavori più pesanti. Si alzava prima dell'alba, andava a prender l'acqua, accendeva il fuoco, cucinava, lavava e puliva i pavimenti. Quando aveva finito di sbrigare tutti i lavori, per riscaldarsi era solita sedersi vicino al camino accanto al carbone ed alla cenere. Perciò cominciarono a chiamarla Cenerentola. La matrigna e le sorellastre dormivano in belle stanze, mentre la piccola camera di Cenerentola era in soffitta, proprio sotto il tetto della casa, deve vivevano dozzine di topi. Nonostante tutto questo, Cenerentola rimase gentile e cortese, sognando che un bel giorno la felicità sarebbe arrivata. Fece amicizia con gli uccelli che la svegliavano tutte le mattine. Fece anche amicizia con i topi con cui divideva la soffitta, diede a ciascuno un nome, e cucì loro dei minuscoli vestiti e cappelli. I topi amavano Cenerentola e le erano grati, perché talvolta li liberava da una trappola o li salvava da Lucifero, il malizioso gatto della matrigna.

    Ogni mattina, Cenerentola, preparava la colazione per tutti gli abitanti della casa: una scodella di latte per il gatto, un osso per il cane, avena per il suo vecchio cavallo, granoturco e frumento per le galline, le oche e le anitre del cortile. Poi portava al piano di sopra i vassoi della colazione per la matrigna e le sorellastre Anastasia e Genoveffa. "Prendi questa roba da stirare e riportala entro un'ora" ordinava Genoveffa. "Non dimenticare il mio rammendo, e non impiegare tutto il giorno a finirlo!" la rimproverava Anastasia. "Stendi il bucato e vai avanti col tuo lavoro" ordinava la matrigna "Batti il grande tappeto della sala, lava le finestre, pulisci la tappezzeria!" "Si Genoveffa. Si Anastasia. Si mamma" rispondeva Cenerentola mettendosi al lavoro di buona lena. Dall'altra parte della città c'era il palazzo reale. Un giorno i...

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